RELAZIONE DEL RETTORE

al bilancio di previsione

dell'esercizio 2000

  1. La riforma: obiettivi e strumenti

Il bilancio che viene presentato, frutto dell’esperienza maturata negli ultimi anni di gestione di risorse dell’Ateneo, si basa sul costante monitoraggio della spesa per il contenimento del fabbisogno ministeriale, al quale vanno aggiunti i fondi erogati dalla Regione, le tasse degli studenti, le prestazioni a pagamento ecc.

E’ abbastanza evidente che il bilancio di previsione deve tenere conto di stanziamenti certi, che quest’anno sono stati estremamente difficili da definire: da un lato per le ristrettezze a livello nazionale per quanto riguarda i trasferimenti dal Tesoro; dall’altro perché la prolungata crisi regionale ha impedito di avere dei validi interlocutori che potessero offrire certezze sulle risorse a disposizione.

In questo quadro, oggettivamente preoccupante, ci poniamo come obiettivo imprescindibile il non diminuire le voci decisive ed insostituibili per lo sviluppo della nostra politica d’Ateneo.

In particolar modo dovranno essere privilegiati i settori della docenza, del personale tecnico e bibliotecario, la docenza integrata attraverso i contratti, la ricerca scientifica, i servizi agli studenti e l’edilizia. Tali settori sono altamente significativi sia per l’elevazione della qualità della docenza e della ricerca, sia in vista del ruolo che l’Università di Cagliari deve assumere sempre di più come centro di interscambi con il territorio e con le istituzioni.

Assume fondamentale rilevanza attivare appieno il controllo di gestione, che costituisce uno degli elementi di base per l’analisi dei costi e dei rendimenti, condizione indispensabile per l’acquisizione delle risorse da parte dell’Ateneo. In questo quadro il Nucleo di valutazione è fortemente impegnato per definire i parametri che consentano di comprendere non solo il funzionamento della macchina amministrativa, ma anche la produttività della ricerca e della didattica. La completa attivazione dell’informatizzazione consentirà, inoltre, una contabilità integrata tra la sede centrale e le strutture periferiche, per portare alla redazione di un bilancio consolidato secondo lo schema di classificazione imposto dal Ministero.

1.1 Considerando il fatto che con l’AA 2000-2001 decollerà la riforma universitaria, appare ovvio che le valutazioni per il futuro dovranno essere fatte sino dalla primavera del prossimo anno, altrimenti sarebbe impensabile far partire i corsi, conoscere l’organico dei docenti e in che misura essere presenti nei servizi che la riforma ci impone.

Entro dicembre si conoscerà il nuovo stato giuridico dei professori, contenuto in un allegato alla Finanziaria. Ammesso che non venga stravolto in sede parlamentare, rimette in discussione molte questioni da chiarire. Una tra tutte, il monte lavoro dei docenti che prevede 350 ore e, al di sopra di queste, produce supplenze e contratti aggiuntivi, mettendo in evidenza una crisi della cosiddetta assegnazione di compiti da parte della Facoltà. Se si dovesse arrivare alle 500 ore, è evidente che queste non possono essere di sola didattica, ma distribuite su ricerca nelle biblioteche, tesi di laurea, servizi agli studenti, tirocini, dottorati ecc.. In sostanza, un elemento sul quale riflettere in sede di relazione di bilancio. A tal proposito, intendo richiamare l'attenzione sull'attivazione di concorsi per docenti di prima e seconda fascia effettuata quest'anno, nonché sulla cospicua quantità di risorse atte a rinforzare l'assetto amministrativo attraverso la dirigenza e i ruoli di ottavo, settimo e sesto livello. Si tratta di un impegno finanziario di grande portata che per la prima volta assume una connotazione di programmazione pluriennale. Un impegno inserito in una grande manovra di bilancio che da un lato non appesantisce ulteriormente le attuali poste inerenti il personale strutturato, e, dall’altro, garantisce maggiore slancio alla attività didattica. In definitiva, un riconoscimento a quanti contribuiscono al miglioramento della didattica, della ricerca e di tutti i servizi d'Ateneo.

    1. In bilancio dovrà comparire una cosa fondamentale. Se il successo della riforma sarà in gran parte dovuto ai risultati del primo livello, è necessario che a questa fase venga destinata la maggior parte delle risorse: dobbiamo garantire che tutti i corsi del primo livello riducano gli abbandoni ed il tempo di laurea. Certo, va evitata la prosecuzione della massiccia presenza dei fuori corso, cosa che vanificherebbe la riforma e quanto ne consegue. Con questo assetto, si deve programmare, fin dalle sessioni di giugno, la licenziabilità degli studenti che abbiano maturato crediti per avere il titolo di laurea di primo livello. Ad Ingegneria si stanno già attrezzando in tal senso. Questo discorso ci consentirebbe di ridurre il numero degli studenti dagli attuali 40.000 a 33/34.000, con un alleggerimento non indifferente sotto tutti i punti di vista per l'Università, e un risultato insperato per la società sarda.

Dobbiamo, poi, attivare una laurea di secondo livello molto più selettiva. L'aspetto didattico del 1° e del 2° livello andrà coordinato e correlato, con una risposta tale da giustificare i due anni successivi con un titolo specialistico, ottenuto in tempi competitivi e ragionevoli. Vanno poi create condizioni affinché il dottorato di ricerca, le scuole di specializzazione, i master siano il terzo livello, non opzionale, e articolato con altre sedi regionali. Gli studenti che si iscrivono, e soprattutto quelli che accedono al terzo livello, devono essere partecipi dell'alta formazione, della ricerca e delle ricadute competitive su scala europea e nazionale. Quanto detto significa una rilettura rigorosa del terzo livello, sia per calibrare gli obiettivi, sia in funzione delle risorse.

1.3 Sono convinto e impegnato nel mantenere costanti le tasse d'ingresso e quelle dei primi tre anni. La Sardegna ha bisogno di una Università orientata verso la gente. Però dobbiamo anche dare per scontato che, una volta garantito l'accesso ad un primo titolo a costi politici, non deve considerarsi più un obbligo garantire a queste condizioni il secondo ed il terzo livello. Per avere un secondo livello di assoluta qualità bisognerà valutare un tipo di accesso che sia fatto di titoli, numeri, orientamento programmato sulla base degli sbocchi regionali, nazionali ed europei. E per questi obiettivi bisognerà adeguare le tasse. Il terzo livello, nel momento stesso in cui identifica specificità ulteriori, come succede ad esempio per gli specializzandi in medicina, deve essere gestito attraverso tasse d'entrata piuttosto alte e con un sistema di borse con frequenza a tempo pieno senza onere sulle famiglie. Sull'intera questione il nostro ruolo sarà fondamentale.

Gli studenti devono essere coinvolti: sono tenuti a studiare il meglio possibile e laurearsi quanto prima: ciò, comunque, non dipende solo da loro ma anche da noi. Attraverso il loro impegno nei servizi, può ammortizzarsi parte del costo di frequenza. Penso alle 150 ore, ma anche ad altre ipotesi sperimentali che, nell'ambito dell'autonomia universitaria, andranno approfondite. Gli studenti possono essere agganciati sia in maniera individuale (150 ore) che di gruppo (scientifici, laureati in lingue, informatica, specializzati eccetera). Occorrono formule per mettere in moto meccanismi di coinvolgimento: da un lato impegnamo proficuamente le nostre risorse, dall'altro gli studenti si ritrovano con un'opportunità di acquisizione di professionalità sul campo, che consente di velocizzare l'inserimento nel mercato del lavoro.

1.4 Questo discorso va fatto anche perché il personale tecnico, amministrativo e bibliotecario non è sufficiente. I tetti posti dalla finanziaria, dall'organico d'Ateneo e dal bilancio non ci consentono di muoverci oltre, per cui ci dobbiamo orientare verso queste forme di collaborazione professionale con gli studenti, auspicando anche formule più flessibili.

Mi auguro che il contratto del personale tecnico e amministrativo venga rinnovato in breve tempo, e che la formula del lavoro interinale entri a pieno titolo anche per le questioni universitarie. Se questo accade si potrà contare su risorse molto più finalizzate, anche di provenienza diversa da quella ministeriale per poter attivare contratti di partnerariato, sia per servizi necessari, che per integrare quelli di qualità, strategici per l'amministrazione (personale, ragioneria, didattica, contenzioso). Questo punto presuppone risorse, politiche, obiettivi e risultati chiari.

L'Ateneo e l'amministrazione procedono con la vigilanza delle organizzazioni sindacali e con l'attenzione propositiva dei lavoratori nel quadro di una esperienza reciproca di rapporti corretti. So di poter avere dalle controparti il massimo degli input per realizzare la politica enunciata. Ma, in uno scenario di grande coinvolgimento, il rapporto può essere vincente quanto più è chiara e forte la contrattazione decentrata, quanto più è garantito il ritorno che possono avere i lavoratori nel loro insieme e nelle loro specificità. Tutto questo dovrà essere affermato con risorse aggiuntive finanziarie e di personale.

1.5 Passando ad alcuni aspetti della formazione transnazionale, la spinta che abbiamo dato al programma Erasmus nel '98 e '99 è strategica, eppure ancora insufficiente: 250 studenti Erasmus sono una goccia nel mare. Il discorso va approfondito con i master, col secondo e con il primo livello, se gli studenti - nella consapevolezza che l'Europa non è soltanto una via di fuga, ma la via principale per capire e ritrovare la Sardegna - valuteranno il percorso Erasmus come obbligato e non come un optional. Per le risorse in bilancio dobbiamo impegnarci fino da adesso: i 250 studenti devono diventare quanto prima 500: 300 tra quelli del primo livello, e 200 tra quelli del secondo livello. Ovviamente non si tratta solo del progetto Erasmus, ma di quanto l'Europa può offrire per aprire ai giovani studenti e ai laureati in merito alla formazione e al lavoro.

1.6 In questo scenario il miglioramento dei servizi agli studenti nella nuova riforma è obiettivo improrogabile. Seguendo i filoni già attivati, i finanziamenti dell'Unione europea significano lingue, informatica, biblioteca, posti di lavoro, Internet. Se non abbiamo finanziamenti, è nostro compito trovarli, ma purtroppo la struttura non ci consente di essere tempestivi ed elastici. Certamente occorre rinforzare il presidio di Monserrato perché disponiamo di territorio urbanizzato e di un gradimento che qualche anno fa non era prevedibile. Occorre anche rafforzare i presìdi di Sa Duchessa, di ingegneria e del polo giuridico, guardando con attenzione le aree di via Is maglias, che nel piano di Tuvixeddu sono destinate all'Università. Quando questo progetto si concretizzerà ci attiveremo per acquisire le aree e, se possibile, per acquisire gli edifici chiavi in mano, attraverso progetti concordati, e verifiche durante i lavori, per evitare i grandi errori compiuti a Monserrato.

1.7 Il rapporto con la città è migliorato rispetto al passato, e l'attenzione della municipalità è concreta. Invece va migliorata la valutazione del conto economico. Il ruolo dell’università non deve essere limitato al solo pagamento delle tasse. E' necessario che l'università sia parte integrante della città con le sue capacità aziendali e con le sue figure professionali. L'Università deve diventare per il Comune uno strumento di consulenza permanente nella crescita cittadina e di leadership della città di Cagliari nella Sardegna. E non solo. L'Università può essere soggetto di alta e convincente mediazione nell'area metropolitana e nella politica e nell'economia regionale. Serve un ruolo di alta politica del territorio, altrimenti, l'Università rimarrebbe più sacrificata e Cagliari sempre più realtà al servizio del territorio con un Ateneo ingombrante nonostante i contenuti, la vitalità giovanile e le aperture oltre la città e la Sardegna.

2 La dimensione regionale e internazionale

2.1 Un discorso di Università diffusa è possibile solo se legato e valutato nell'ambito del Comitato regionale. Affinché questa forma di Università sia vincente e non un'altra tesi di finta attenzione e assistenzialismo, si deve tenere conto delle spinte e delle capacità che il territorio può offrire. Noi siamo molto motivati per spingere sulle quattro province del Sud e del centro Sardegna. Con Nuoro e Oristano abbiamo mosso i primi passi, mentre Ogliastra, (una regione piccolo universo che consente ricerche e tipizzazione che altre aree della Sardegna non permettono), e Sulcis Iglesiente, (per la storia e la cultura legata al mondo dell'industria delle trasformazioni minerarie), sono nei nostri progetti. La provincia del medio Campidano è, infine, una realtà di forti motivazioni e organizzazione del territorio, basti pensare a quanto avviene nel triangolo Guspini-Arbus-Villacidro, ed a quanto accade nella Marmilla, specie per merito del consorzio Sa Corona Arrubia. Aggiungerei anche il consorzio di Barumini, con Laconi, Genoni per i requisiti storico - culturali e ambientali ai quali sono particolarmente legati molti ricercatori.

2.2 In quest'ambito l'Università intende svolgere un ruolo di promozione, riferimento e organizzazione dell'impianto formativo e sperimentale in sintonia e collaborazione con enti locali, imprese e Regione. L'Università diffusa può avere successo se l'Università sarà referente scientifico di alta formazione, ma non gestore delle realtà che verranno di volta in volta costruite sul territorio. Per dare sviluppo e continuità a questi interventi, è necessario che il territorio li faccia propri pur mantenendo con l'Università un collegamento stretto per garantire risultati di qualità che derivano dalla ricerca. Con questa apertura al territorio, i temi sull'occupazione giovanile, gli obiettivi finalizzati al miglioramento della qualità dei vari settori produttivi, una nuova lettura del rapporto Università-impresa diventano più accessibili. Non solo, ma, grazie all'Università, si potrebbero superare i microegoismi di paese e il vecchio enigma del reperimento delle risorse: l'esperienza dimostra che i fondi si possono ottenere in tempi ragionevoli se si hanno idee chiare e interlocutori concreti.

2.3 La politica di promozione ad ampio raggio può avere maggior successo se i Dipartimenti sapranno essere non solo all'altezza del proprio compito nella formazione e nella ricerca, ma interlocutori attivi e moderni del territorio. Interlocutori per attività di ricerca e applicate, per formazione integrata, per una credibilità dell'università sul territorio stesso. Operazioni non facili che impegneranno professori, ricercatori e personale. Ma, nel contempo, si potranno avere importanti risultati per la crescita civile dell'isola e per uno sviluppo economico sostenuto, non solo dalla mano pubblica, ma con la partecipazione del sistema imprenditoriale. In tal caso, ai Dipartimenti dovrà essere riconosciuto il ruolo e i meriti sulla base dei risultati che sapranno raggiungere. Perciò dovranno essere garantite in modo diretto e indiretto tutte le risorse perché la loro progettualità possa effettivamente trovare l'applicazione sul territorio. In quest'ambito si collocano tutti i progetti che l'Università ha presentato alla Regione Sardegna e al Murst per i Fondi strutturali. Un insieme di progetti ricco di proposte di alto livello scientifico e tecnico che focalizza il ruolo di promozione e di gestione delle risorse nel contesto regionale, con riferimento alle diverse azioni definite dall'Obiettivo Uno.

2.4 In questo scenario complesso e, se vogliamo un tantino presuntuoso per la convinta intenzione dell'Ateneo di ergersi a leader, vanno salvaguardate e rafforzate le aree di eccellenza per la ricerca. Un argomento delicato da affrontare con pragmaticità e senza paura di guardarsi allo specchio; infatti non tutti sono inseriti e accreditati su scala nazionale e internazionale. E' ormai evidente che il futuro delle Università italiane dovrà essere diversificato non solo per aree geografiche, per servizio all'utenza studenti, per capacità e qualità della formazione, ma soprattutto, per l'alta specificità nella ricerca ovvero, per quelle aree di eccellenza che possono caratterizzare il cartello Università di Cagliari rispetto a quello di Milano, di Lecce, di Venezia e così via. Il Cartello dovrà essere costruito sulle aree disciplinari che producono risultati scientifici capaci di interagire sul piano nazionale ed internazionale anche per fare Impresa. In altri termini un import-export di formazione qualificata e di ricerca su cui investire per ricavare risorse e occupazione intellettuale; formula e obiettivi che possono richiedere collaborazioni sinergiche con altre Università e centri di ricerca. Tutto ciò potrà consentire all'Università e alla Sardegna di far parte della rete internazionale con credenziali indiscutibili.

Naturalmente l'Università deve essere organizzata per diventare centro di attenzioni nazionali ed internazionali: luogo in cui si iscrivono, attraverso numeri programmati con borse e strutture di accoglienza opportune, studenti e laureati italiani e stranieri. Figure che, alla fine del percorso formativo verranno inserite nei mercati mondiali. Il successo o meno di questa complessa e rischiosa operazione potrà condizionare il futuro di molte aree di ricerca, di molti Dipartimenti, dello stesso Ateneo. Perciò occorre fare un'analisi documentata senza equivoci. Infatti ci sono decisioni da prendere quanto prima, ad esempio, per i posti in organico per i dottorati, per le risorse straordinarie. Scelte che devono esse giustificate, soprattutto se "indipendenti" rispetto a tutti gli indicatori che guidano la politica e le attività del sistema formativo.

2.5 Abbiamo aperto sul territorio la formazione integrata non universitaria (Ifts). E’ un discorso da sfruttare al meglio per le professioni che non hanno bisogno del titolo universitario, sia perché il mercato sardo le richiede, sia perché con queste professioni si può trovare lavoro fuori della Sardegna. Germania, Belgio e Francia insegnano: i nostri emigrati sono diventati elementi importanti dell'economia locale in settori in cui il titolo di studio non era necessario. Ed è qui che si deve pensare agli immigrati: ormai non è sostenibile il proporre un percorso di cittadinanza italiana senza obiettivi. In Sardegna va creata una promozione culturale e politica perché ci sia una effettiva programmazione della immigrazione. Dobbiamo chiedere a Stato e Regione bandi per posti di lavoro ai diversi livelli di formazione. In questo quadro, l'Università è deputata a svolgere un ruolo strategico fortemente integrato anche nel sociale. Ci vorranno vent'anni, ma i primi dieci vanno affrontati con pragmatismo e chiarezza di idee. Il secondo decennio servirà per continuare il processo di formazione e attivare una occupazione di qualità. In questo periodo si dovrà consentire ai figli di seconda generazione di poter essere uguali agli studenti sardi, italiani ed europei. Nell'immediato servirà una formazione linguistica, informatica e finalizzata all'apprendimento delle basi per l'inserimento in qualsiasi percorso formativo: attività che l'Università di Cagliari può portare avanti con capacità e risultati puntuali. In sostanza, l'immigrazione programmata è un punto forte sul quale vanno investite risorse per creare nuovi modelli di sviluppo e per sperimentare un itinerario di grosso impegno formativo sul quale la Sardegna può scommettere a livello europeo.

2.6 La Scuola di specializzazione dei professori di scuola secondaria è stimolante, perché primo esempio di incontro tra le due università. Come è noto, il presidente è di Sassari, la gestione amministrativa di Cagliari, i docenti di Cagliari e di Sassari, la formazione e l'apprendimento sono basati su programmi e obiettivi uguali con una lettura del territorio che coinvolge le due sedi. Bene, la riforma ci obbligherà, soprattutto per i terzi livelli, a stringere i rapporti operativi tra i due Atenei per utilizzare al meglio le risorse per la docenza e per i servizi sul territorio. E' infatti impensabile avere raddoppi come quelli per le scuole di specializzazione in medicina. Quando gli studenti e i laureati che accederanno ai terzi livelli di formazione saranno meno numerosi, sarà ancora più ingiustificata la politica del raddoppio Cagliari - Sassari. Il Comitato regionale su questa materia dovrà fare il punto quanto prima.

Partendo dal terzo livello è fondamentale individuare nuove forme di partnerariato con le imprese e con la Regione e le opportunità di ricerca applicata sono da inquadrare in questa linea attingendo da esperienze già consolidate (Saras) sia dalle sollecitazioni del territorio. Il Presidente della Giunta fa parte del Comitato regionale e la Regione deve essere soggetto di dialogo e interazione continua con l'Università per raggiungere questi obiettivi di sviluppo. In quest'ambito ribadiamo il ruolo dell'Università anche per il migliore utilizzo dei fondi strutturali europei.

2.7 Il rapporto con la Regione, di per sé importante e strategico, può trovare una ulteriore e concreta applicazione, nonchè risorse per taluni obiettivi comuni, con la compiuta attuazione della legge 26, tuttora disattesa. Una legge che dovrebbe consentirci di rileggere non solo le finalità con le quali le risorse regionali sono state erogate finora, specie dall'Assessorato alla pubblica istruzione, ma soprattutto, dovrebbe permetterci di avere certezza su due punti cardine, posti più volte all'attenzione dell'opinione pubblica e della stessa Regione Sardegna: le tasse degli studenti e l'organico dei docenti. Punti che, come abbiamo già detto, hanno bisogno di risorse aggiuntive ed istituzionalizzate. Attraverso la legge 26 e con altre iniziative, infatti, la Regione potrà e dovrà essere strumento di effettivo rilancio dell'Università di Cagliari, un ateneo che intende svolgere il ruolo di supporto conoscitivo anche per la comunità sarda e di formazione avanzata. In definitiva, un target di alto profilo nel contesto nazionale ed europeo.

    1. Nel quadro delle attività di scala regionale e nazionale si collocano i policlinici di Cagliari e Sassari. La riforma in atto tende a rendere più semplici e definiti i rapporti tra Facoltà di Medicina e Azienda Speciale Universitaria. Purtroppo non siamo ancora in grado di valutare tutti gli aspetti della riforma, ma manteniamo una assoluta certezza. L'Università deve fare la sua parte: con i docenti, con le attrezzature di ricerca, con le borse di studio, col secondo e il terzo livello di formazione. L'azienda dovrà essere, a sua volta, fiore all'occhiello dell'ateneo cagliaritano. Quindi, non concorrere soltanto alla copertura di una quota del servizio sanitario, ma essere centro di alta formazione, di qualità dell'assistenza e di ricerca. Un'università presente, credibile, aperta al servizio e certamente capace e dotata di proprie risorse. In bilancio, la facoltà di medicina deve trovare uno spazio preciso sia per rafforzare le aree di eccellenza, ma anche per dare rilievo alla qualità formativa: i nostri giovani devono competere sul piano nazionale e internazionale con pari dignità, titolo e garanzie. Monserrato è la sede migliore per spingere l'acceleratore e noi ci stiamo attivando con parcheggi, spine per la didattica e i laboratori di ricerca, due edifici aggiuntivi per la sanità e uffici per l'amministrazione.

3 Edilizia e sicurezza

3.1 Sulla programmazione edilizia occorre tenere conto soprattutto dei fondi disponibili relativi non soltanto al 1999 (di cui si è tenuto conto nelle ultime variazioni di bilancio, ma anche delle somme provenienti dalla U.E. in base ai rendiconti trasmessi al MURST per gli interventi del 94/98. Si tratta di risorse particolarmente rilevanti che potrebbero consentire la realizzazione di opere strategiche a Monserrato, come la prosecuzione dell'Asse Didattico e la definizione di molte iniziative da completare nei poli cittadini. Purtroppo, quest'anno l'intero comparto ha risentito di una fase di realizzazione più lenta. In altri termini, ingenti quantità di risorse - per buona parte delle quali esistono progetti da tradurre in edifici, laboratori, aule, strutture che consentono all'ateneo di dare risposte a tutte le esigenze delle facoltà, dei corsi di laurea e delle attività indicate dalla riforma - non sono state ancora impegnate. Al riguardo, le attività da portare avanti sono centrate prevalentemente su Monserrato, e in particolare sull'asse didattico e sulla spina dei dipartimenti del farmaco. In città va rafforzato il presidio di ingegneria in via Is Maglias con l'acquisto delle aree adiacenti, se il Piano Tuvixeddu verrà approvato quanto prima. Altri forti interventi di ristrutturazione interessano il centro storico e i presidi di viale Fra Ignazio e di Sa Duchessa. In questo contesto altrettanta attenzione verrà posta per le attrezzature e per le strutture museali di Scienze della Terra e di Biologia Animale, nonché per il "verde" inserito negli organismi universitari. In tale ambito l'Orto Botanico rimane centrale anche per l'importante ruolo ricoperto nella città e nel territorio regionale.

Infine nel quadro delle attività dell'edilizia vanno visti gli adempimenti della legge 626 per la sicurezza. Per rispondere alle maggiori urgenze abbiamo inserito in bilancio risorse importanti (tre miliardi e mezzo) che non sono comunque sufficienti a garantire la messa a norma in tempi rapidi di tutte le strutture. Strutture che pagano un prezzo altissimo alla vetustà, alla modernizzazione tecnologica e al sovraffollamento causato dall'incremento di ricercatori e studenti. Quindi per la sicurezza, e per garantire la totale accessibilità ai disabili - anche attraverso servizi, attrezzature e facilitazioni alle attività di apprendimento -, intendiamo spendere con tempestività la massima attenzione. In particolare l'ufficio preposto e il Professore delegato, responsabile della Sicurezza, predisporranno una programmazione degli interventi con le relative priorità attuative.